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lunedì 1 giugno 2015

"Quando non c'era la televisione"



A casa nostra non c'è la televisione, ma non è questo il punto, il punto è lo stupore di immaginare la vita di bambini e famiglie intenti nella loro quotidianità senza immagini di sottofondo di qualità più o meno scadente. 
Se pensate che Quando non c'era la televisione sia questo, o sia solo questo siete proprio lontani, almeno quanto lo ero io la prima volta che con un certo scetticismo mi ci sono avvicinata.

L'espressione "quando non c'era la televisione" infatti più che andar intesa in senso proprio va letta come una metonimia di un'epoca, nella fattispecie, è come dire quando c'erano gli anni Cinquanta, quando nelle case non c'erano i bagni e il ghiaccio veniva consegnato a domicilio per refrigerare la ghiacciaia, altro che le comodità a cui siamo abituati.

Era il 1953 e Mario aveva 8 anni e la vita era immensamente diversa da come ci appare oggi; ma forse in un senso ci appare tanto lontana più che in qualunque altro: per la concezione stessa del tempo. Se proviamo solo a pensare ai mutamenti tecnologici e sociologici degli ultimi 15-20 anni, forse anche meno, e proviamo a datare in proporzione alla nostra velocità di evoluzione odierna la storia narrata da Mario ci sembrerà lontana di 2 secoli. Eppure era l'altro ieri, il secondo dopoguerra, prima del boom economico, quando di guerra si era talmente saturi da non volerla nemmeno sentir nominare se non per gioco, per le strade. 

Ho spesso l'impressione che ai bambini e ragazzi di oggi quella del Novecento appaia come una Storia di antichità quasi quanto quella del medioevo, un mondo ed uno stile di vita che inevitabilmente non riescono nemmeno ad immaginare. Se per Mario è in qualche modo una novità quella della ghiacciaia o della sola televisione del quartiere a cui assistere all'incoronazione della regina Elisabetta, il contesto tutto attorno è ancora molto segnato da un passato molto recente e molto presente ancora in cui le novità si assommano piano piano, forse lasciando un po' il tempo per metabolizzarle. Ma per i bambini di oggi i tempi sono necessariamente quelli della connessione più rapida possibile, quello che appare loro come "vecchio" lo è appena di pochi anni e non di qualche decennio se non di più.

Tutto questo per dire che effettivamente far immaginare la vita di un bambino negli anni '50 è davvero difficile però Quando non c'era la televisione ci riesce: racchiude un intero trattato di sociologia nelle tavole di un bellissimo albo di grande formato in cui anche il fumetto perfettamente amalgamato con la sua specifica sintassi agli linguaggi dell'albo, fa la sua parte per trasportarci indietro di 60 anni, a casa di Mario. 

Questo albo di Yvan Pommaux edito da Babalibri nel 2003 (e premiato in Italia col premio Andersen nel 204) era stato edito in Francia dall' Ecole des Loisir di cui vi ho parlato ieri, credo che la traduzione abbia richiesto un notevole sforzo di adattamento per l'edizione italiana perché nel suo essere storicamente impeccabile sarebbe inevitabilmente rimasto troppo legato alla realtà francese e  non avrebbe colto nel segno nel trasportare i nostri bambini nel tempo della nostra Italia degli anni '50. Invece persino il quotidiano  disegnato in una pagina risulta essere una fedele riproduzione di una testata del "Corriere della sera" così come le lire compaiono con i disegni originali dell'epoca. 

Alla perfetta ambientazione storica corrisponde una perfetta scrittura e costruzione iconografica del testo sospeso tra testo e fumetto che rende questo albo non solo un bel libro ma anche potenzialmente un utilissimo strumento didattico tanto più che davvero di libri per bambini sul dopoguerra credo ve ne siano pochissimi. 

Quando non c'era la televisione è insomma una piccola macchina del tempo in cui entrare e lasciarsi trasportare e come ogni macchina necessita dell'età giusta per poterla guidare: consigliato dai 9 ai 12 anni.


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