Oggi, finalmente, ho letto, quasi tutto d'un fiato, Annalilla, il nuovo libro di Matteo Corraini (Rizzoli): "Una protagonista irresistibile, una settimana di libertà assoluta: quella che tutti avremmo voluto vivere prima di diventare adulti", così si legge sul sito dell'autore.
Riguardo alla protagonista irresistibile non ho dubbi, vi rapirà qualsiasi età abbiate (alla faccia di chi ancora pensa che vi sia una letteratura per ragazzi ed una per adulti), sul resto...insomma, potrei scrivere per ore di questo bellissimo libro ma fortunatamente vi risparmierò, almeno un po'.
Io non lo so se quella di Annalilla (che nome meraviglioso e armonico, ma dove l'hai pensato Matteo?) sia stata "libertà", sicuramente e paradossalmente, lo è stata dalla sua idea di libertà, pensare di non dar conto a nessuno per una settimana e fare la ragazzina a tutto tondo, ed invece trovarsi ad accudire una nonna in cui riscoprire se stessa ma a cui anche cambiare la sacca della pipì, imparare a pulire il bagno, fare i conti con i temporali che distruggono i fiori e contarsi i soldi per la spesa, decisamente non erano nei "sogni di gloria" della protagonista.
E soprattutto non so se tutti l'avremmo voluta vivere una settimana così, l'impegno del tempo che si contrae fino quasi a sovrapporre passato e presente, infanzia e adolescenza, è un impegno ed un tempo doloroso che richiede volontà e responsabilità, doti che ad Annalilla non mancano. Certo la nonna, nei suoi ricordi liquidi molto insegna (e molto impara da questa straordinaria - o forse no - nipote): ad esempio insegna che quando si piange come piange Annalilla quando scopre che la primavera è come una ragazza e l'estate come una donna, e che la settimana che accorcia i tempi tra le due stagioni permette la metamorfosi inattesa, è un pianto di gioia festosa; e che la festa, continua la nonna, resa un po' narcolettica dalla malattia, è come il riposo, anche quello assoluto, senza tristezza e noi recata dalle ore (come diceva Leopardi), e dopotutto Annalilla un po' donzelletta che va, piuttosto che viene, dalla campagna lo è, e la nonna prima di lei. Quello che emerge dal quadro che i capitoli vanno formando è un piccolo impero della luce che si fa strada, come mi alluda anche la copertina richiamando L'impero della luce di Magritte, o sbaglio?
Sette capitoli per sette giorni, una vera genesi per Annalilla e una palingenesi per la nonna (che non nome non ha), l'impronta ebraica dell'autore (espertissimo in materia) non manca, ma qui è velata, sorpassata, amalgamata ad una scrittura e ad una tematica che, mi sembra, complessivamente, staccano questo romanzo dagli altri suoi lavori.
Questo è, per me, un romanzo sulle apparenze, o meglio, sull'inganno delle apparenze in tutto sembra esattamente diverso (quando non opposto) a come in realtà è: Annalilla in primis , l'amica del cuore Vualà, il bullo Rombo, naturalmente la nonna, ma, soprattutto, la vita in un susseguirsi di prove degne di un romanzo di formazione a tutti gli effetti.
La lingua di questo romanzo, come sempre la lingua di Corradini, ha il raro dono della rapidità e della precisione (il che ovviamente non toglie, anzi, la fatica e ricerca della scrittura) a cui collabora a volte la scelta di un linguaggio quasi di tipo "animistico", le stanze sentono, gli oggetti ascoltano le parole e i silenzi anomali di questa settimana, e il discorso indiretto liberò spesso ha la migliore sul tradizionale diretto.
Insomma, quando ho incontrato Matteo Corradini per la prima volta mi ha colpito per la sua spontaneità e gentilezza, poi l'ho conosciuto meglio per la sua capacità di scrittura, di raccontare il non raccontabile (penso all'alfabeto ebraico, a Terezin de La repubblica delle farfalle), oggi mi ha travolto con Annalilla o meglio - siccome appartengo forse ancora a quelli secondo cui quando un'opera è pubblicata ha vita autonoma di cui l'autore risponde solo in parte - è stato, ed io in quanto lettrice con lui, travolto da Annalilla come la nonna dagli aironi....in un surreale e direi "chagalliano" finale che non potete assolutamente perdere!